Gorbaciov se ne è andato. E così è morta la parola Libertà in Russia. – Avevo solo 24 anni, mi ero appena laureata e sfoggiavo il mio russo imparato al liceo e poi all’università. Allora avevo appena cominciato collaborare con il Resegone di Lecco per diventare giornalista pubblicista. Un giorno, tramite la redazione del Resegone venni a sapere che l’associazione Vera Brianza di Monticello, (per la quale poi ho lavorato in seguito), grazie all’aiuto dell’onorevole Giovanni Cervetti, aveva invitato Michail Gorbačëv in Italia.
Era il primo passo verso quella che Gorbačëv chiamava Perestrojka (termine da lui coniato), cioè la ricostruzione di un Paese che aveva sempre vissuto sotto la dittatura.
Sapere che saresti venuto in Italia mi entusiasmò e così, decisi di preparare delle domande da farti in russo, sempre se mi avessero invitata ad assistere alla conferenza coi media italiani. E così fu.
Il nostro incontro avvenne prima al ristorante dove pranzasti con gli imprenditori brianzoli. Mi ricordo che la tua guardia del corpo iniziò a discutere animatamente con un funzionario della Digos e siccome non si capivano, mi offrii per fare da interprete. Per ringraziarmi mi fecero parlare con Raissa e con te.
Ma non solo, alla conferenza stampa mi avevano riservato un posto in prima fila. Ero emozionatissima, non riuscivo ad alzare la mano per farti delle domande, finché tu hai chiesto che fosse una donna ad intervistarti. E scegliesti me. Allora aprii il mio quadernetto con le domande in russo e cominciai a leggere. Fu allora che tu rimanesti sorpreso di trovare una giornalista italiana che parlava russo. E per me fu un orgoglio, credimi.
Abbiamo tutti sperato in te, poiché hai avuto coraggio.
Conoscevi bene il significato della parola Libertà, una parola che in Russia faceva paura, o meglio che non aveva un significato preciso, come quello che noi occidentali conosciamo bene.
In Unione Sovietica prima della tua elezione al Partito tutto era paralizzato dalla Dittatura e tu hai provato a rivoluzionare il paese. Hai introdotto la parola Glasnost, che significa trasparenza, perché volevi portare alla luce ciò che la Dittatura nascondeva.
Hai contribuito alla caduta del muro di Berlino e hai vissuto il disfacimento dell’Unione Sovietica, hai combattuto per donare al popolo russo una possibilità di democrazia.
Non fu facile. E non sei stato capito. Una rivoluzione economica allora significava stravolgere il Sistema e ciò significava attraversare tempi difficili.
Nel 1990 ero a Mosca e mi ricordo che la gente faceva fatica a trovare il cibo nei negozi. I russi, abituati alla “tessera”, ora si trovavano senza niente.
Non hanno capito.
Se avevano vissuto sempre senza libertà, come potevano capirne il significato? Ne avevano paura. Per questo eri così sostenuto nel resto dell’Europa, ma ostacolato nel tuo paese.
Poi il Golpe nel 1991, L’Unione Sovietica crollò e ti costrinsero ad uscire di scena.
Ora, te ne sei andato. Ci hai lasciato così, nascosto nell’ombra, perché così sei stato costretto.
Chissà cosa scriveranno sui libri di scuola in Russia su di te e se scriveranno visto che ti hanno sempre ostacolato.
Penso però che noi occidentali di te avremo sempre un bellissimo ricordo: sei stato l’uomo che ha provato a portare la vera libertà ad un popolo che ancora adesso è costretto a vivere sotto la dittatura.
Sei stato un eroe della storia.
Sei stato un uomo di coraggio e un grande intellettuale. Penso che in Occidente rimarrai un simbolo, colui che ha lottato per il “cambiamento” di un popolo.
Ricordo il tuo sorriso dopo le mie domande in russo. Riposa in Pace caro Michail Gorbačëv.
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